Dhumavati Yantra, lo yantra della settima madre della saggezza

Dhumavati yantra è il settimo passo nel mio percorso di realizzazione e meditazione sugli yantra delle Dasha Mahavidya, le dieci Dee della Saggezza.

La realizzazione degli yantra delle Dieci Madri della Saggezza si  è rivelato un percorso di ricerca e di crescita personale molto intenso, iniziato oramai più di tre anni fa.

Gli yantra sono “strumenti” catalizzatori di energie e di simboli.

Ogni singolo yantra delle Mahavidya ha valorizzato nella mia vita, nel momento esatto in cui li stavo realizzando o portando avanti la sadhana, energie specifiche legate ai loro simboli archetipici.

Dhumavati yantra è la raffigurazione geometrica della settima MahaVidya.

Nella sequenza delle dieci Maha Vidya, di cui ho ampiamento parlato come insieme in questo post, Dhumavati viene subito prima di Chinnamasta, la decapitata.

Le dieci Madri della Saggezza prevedono un nutrito gruppo di Shakti dall’aspetto terribile e terrificante. Chinnamasta e Dhumavati sono le shakti che mi sono risultate più impegnative e faticose.

Nelle loro definizioni più “dirette”, la prima è definita la decapitata, l’altra la vedova. Queste definizioni spicce, evidenziano la perdita, la sottrazione di qualcosa che portano con loro. Non a caso mi ci è voluto quasi un anno di tempo per elaborare una pratica compiuta su di loro, che sento intimamente legate.

Chinnamasta yantra • la sesta Mahavidya

Chi è la Dea Dhumavati?

etimologia della parola dhumavati

Dhuma significa fumo e Vati significa che regge. Letteralmente “che regge fumo”, fatta di fumo, la forma fumosa di Shakti.

 

L’iconografia di dhumavati

È rappresentata come un’anziana vedova, disadorna da ogni gioiello, in abiti semplici o addirittura stracci. A volte a zanne al posto denti. Rappresentata a sedere su di un carro semplice senza cavalli, accompagnata da un corvo, o lo stendardo con un corvo. Il corvo nero è il simbolo dei poteri magici occulti. A volte anche raffigurata in un luogo di cremazione. Porta con sé un cesto per mondare i cereali, per la spulatura, simbolo della possibilità di separare l’essenza interna dalla realtà illusoria. Può avere uno scopino in mano.

Come forma “brutta” della Dea ci insegna a liberarci del lato negativo della vita, ci libera dall’attaccamento e manifesta la realtà profonda.

la leggenda dell’origine di dhumavati

Entrambi i miti sull’origine di Dhumavati la vedono nascere da Sati. Entrambi ribadiscono  la sua natura distruttiva.

Il primo la vede nascere dal fumo della pira di Sati, bruciata sulla pira del fuoco sacrificale di suo padre, suicida e successivamente emersa dal fumo.

Il secondo mito, la vede nascere da Sati in quanto moglie di Shiva dai “desideri insaziabili”.

Sati sposa di Shiva, un giorno che era affamata chiese al suo sposo del cibo. Quando Shiva si rifiutò di darglielo, le lo mangio, e inghiotti lo sposo rendendosi vedova. Lui che tutto può, riuscì a liberarsi e una volta salvo la maledì condannandola ad assumere la forma di Dhumavati.

il simbolo di dhumavati

È definita la fumosa, la vedova. È considerata una grande maestra, colei che arriva prima della dissoluzione cosmica, incarna il “Vuoto” che c’è tra la distruzione e la successiva creazione.

La fumosa o la fumante, perché quando tutto l’Universo è distrutto, se ne va in fumo. Il fumo oscura, tinge e macchia, non fa vedere. La sua natura è oscuramento.

Oscurando il noto, lascia emergere la profondità dell’ignoto. 

Essa ha distrutto il corpo di tutte le cose, della parte maschile, dell’Universo. Da qui la vedova, quella senza il maschio, senza Purusha, è l’unica Shakti senza Shiva. Non è più una energia con intenzione, contiene tutti i potenziali, ma rappresenta energie che non siamo in grado di riconoscere o di indirizzare. Non ha quindi più nulla che le appartenga, da qui la miseria, la totale povertà. Tutte le più grandi sfortune che si temono nella vita, Dhumavati le rappresenta.

Questa negatività ci porta a cercare una positività nella vita interiore. 

dhumavati rappresenta l’ostacolo. la buona fortuna che ci arriva sotto forma di sfortuna

Dhumavati regna nella stagione delle piogge, nasconde lo spirito solare, è la Madre divina dei tempi del diluvio. E sarà sicuramente un caso, ma è stata una primavera assai piovosa.

“Il suo aspetto è quello di una donna dal colorito giallo, agitato, cattiva, vasta, con i vestiti sporchi e i capelli in disordine. I suoi denti sono irregolari. Essa somiglia ad una vedova. Tiene in mano un cestino per la spulatura. Gli occhi sono crudeli, le mani tremano, il naso è lungo. Si comporta con perfidia, le sembianze sono ingannevoli. La fame e la sua sete sono insaziabili. Essa ispira paura e provoca dispute”.

da Dhumavati Tantra Shakta-pramoda

Possiamo sintetizzare dicendo che che Dhumavati è energia non organizzata, distruttiva quando la vita è prodotto di organizzazione e fonte di nascita, quando la vita è embrione in creazione. 

Così come Shiva senza Shakti è corpo morto, così Shakti senza Shiva è brutta, litigiosa, scura, storpia, povera e non organizzata. Una energia non energizzata, lo stato che precede l’energia conscia. 

Un’altra sintesi a mio avviso ben riuscita la da Frawley quando definisce Dhumavati LO SPIRIRO DELLA NONNA: Dhumavati è tra le Dee più anziane, si pone alle spalle delle altre Dee come guida ancestrale, una grande insegnante che impartisce lezioni sulla nascita e sulla morte. È la conoscenza che giunge dopo un lungo e duro lavoro, dove riporre desideri e fantasie giovanili. 

divinità simili dhumavati

Non ci sono raffigurazioni di Dhumavati fuori dal gruppo delle Mahavidya.

altre divinità somiglianti a dhumavati

Diversi studiosi hanno individuato in queste Dee somiglianze con Dhumavati, ma nessuna di queste figure divine appare negli inni che invocano i suoi numerosi nomi. Potrebbero essere precedenti a Dhumavati ma non identificati con essa:

  • Nirrti, Dea della malattia e della miseria, è abbinata (Daniélou) a Dhumavati per il suo aspetto di Dea della povertà e della disperazione. Infatti Nirrti è abbinata a morte, decadenza, sfortuna e rabbia; È una divinità del Rg Veda.
  • Alakshmi,  Dea della sfortuna e della povertà che è il contrario di Laksmi (Daniélou) che invece che Shri, la Dea della ricchezza della bellezza e della buona sorte;
  • Jyestha (Kinsley) è una delle prime divinità hindu, la più anziana delle Shakti e ha forti; sembra abbia goduto di molto seguito tra VII e IIX secolo e vi ritornano molte somiglianze iconografiche con Dhumavati, in quanto ad aspetto oscuro, brutta e abbinata al corvo, o lo stendardo di un corvo;
  • Kutila (Johari) la storpia vestita di stracci;
  • Kalahaspada (Johari) la litigiosa;
  • Kali anziana, (Frawley) la forza vitale disgiunta dalla manifestazione, il non tempo;
Ci sono alcune caratteristiche uniche della divinità Dhumavati non presenti nelle precedenti tre che le assomigliano:
  • la vedovanza
  • enfasi sulla sua bruttezza
  • aspetti di feroce guerriera, a volte con le zanne al posto dei denti
  • aspetti buoni di Dhumavati:
    • è considerata tenera di cuore
    • molto generosa con i suoi devoti
    • donatrice di siddhi, poteri soprannaturali
    • salvatrice di tutti i problemi, compresa la moksha, la salvezza

“Percepita come il Vuoto, come la forma evaporata della coscienza, quando tutti gli esseri addormentati sono dissolti nel supremo Brahman, avendo divorato l’intero universo, i poeti veggenti la chiamano la più gloriosa e la più anziana, Dhumavati. 

Ella esiste, nelle creature immerse nell’illusione del mondo, nelle forme di sonno, carenza di memoria, illusione e ottusità, ma per gli yogi ella è il potere che distrugge il pensiero, il Samadhi stesso”.

da Ganapati Muni, Uma Sahasram 38, 13-14

Dhumavati è il Vuoto, dove tutte le forme sono disperse e dove più nulla è differenziato. È un vuoto auto-illuminante, privo della dualità oggetto-soggetto. Il Vedanta afferma che la Dea appare come Vuoto, ma non è veramente Vuoto. Il Vuoto esiste solo in relazione allo spettatore. Il Vuoto è la coscienza stessa, Vuoto significa cessazione dei movimenti della mente, non assenza. Dhumavati è il silenzio stesso. 

dhumavati yantra

Gli aspetti negativi di Dhumavati che diventano risorse per lo yogi/Yogin

Dhumavati rappresenta i poteri negativi della vita: delusione, frustrazione, umiliazione, sconfitta, perdita, dispiacere e solitudine. 

Basta solo una di queste esperienze per abbattere una mente ordinaria. Lo yogi o la yogin trovano da queste esperienze opportunità per contattare la realtà oltre il desiderio.

Riconoscere in queste esperienze negative la lezione della grande Nonna Dhumavati, equivale ad accrescere la propria anima di qualità come pazienza, perseveranza, perdono, distacco e libertà.

“Non aver paura di soffrire, restituisci la pesantezza al peso della terra”.

Rainer Maria Rilke, da Sonetti a Orfeo IV

Dhumavati è il potere della trafomazione dato dalla disperazione e dal fallimento che porta sulla strada delle saggezza. Onorare queste esperienze negative ci aiuta a mutarle in energie e forza. 

“Abbiamo bisogno di lei. Senza la grazia di Dhumavati, possiamo rimanere intrappolati nelle nostre immagini di successo e nella paura delle perdite, soprattutto quelle che derivano dall’età e dalla malattia. Quando abbiamo la sua grazia, ci dà il potere di estrarre la squisita saggezza nascosta nel cuore dei momenti più difficili della vita. (…)

Dhumavati rappresenta quella fase del viaggio interiore in cui gli obiettivi spirituali con cui abbiamo iniziato diventano vuoti di significato e non abbiamo altra scelta che lasciare andare i nostri programmi. In quanto tale, conferisce i doni interiori del distacco e della libertà, il potere di librarsi oltre le circostanze. In altre parole, non è solo la dea della delusione; è la dea che ci mostra che nella delusione c’è il segreto vantaggio della vera libertà.”

di Sally Kempton

“La libertà è solo un altro nome per non avere nulla da perdere.” Kris Kristofferson

dhumavati yantra

Dhumavati yantra: forme, simboli e colori

Ho illustrato i significati simbolici di tutte le possibili forme presenti negli yantra in questo primo post.

Elementi che compongono lo yantra di Dhumavati:
  • bhupur, il recinto con quattro porte è colore verde scuro o grigio fumo, il colore dell’odio. Meditare su questo colore produce una visione arancio che rafforza gli istinti primari e ne rimuove gli ostacoli (Johari);
  • loto ad otto petali di colore violetto fumoso, rappresentano gli otto aspetti della prakriti nel suo stato non manifesto, ovvero la natura primaria
  • la stella generata dai due triangoli equilateri è giallo ocra, il colore della terra asciutta senza vita, meditare su questo colore produce un viola leggero.

dhumavati yantra

meditazione sullo yantra di dhumavati

Ci tengo a ribadirlo ad ogni post sugli yantra. Il mio approccio alla meditazione sugli yantra è qualcosa di profondamente laico e psicologico, lontano da ogni religiosità. Ogni divinità rappresenta molte sfaccettature di un archetipo profondo e lascia emergere qualità e riflessioni particolari. Non c’è imitazioni di culti distanti dalla nostra cultura, ma l’uso di logiche ancora attuali. Disegnando, colorando e meditando sugli yantra delle Mahavidya mettiamo in movimento un processo creativo e di crescita individuale.

Quando meditiamo su Dhumavati di disponiamo al vuoto, ad accogliere l’assenza e anche il relativo dolore generato dal distacco. Ci disponiamo a liberare la mente e abbandonare il conosciuto per disporci all’ignoto.

Ogni yantra ha un mantra abbinato per la meditazione.

Il mantra di Dhumavati è Dhum Dhum Dhumavati Svaha.

Kinsley sconsiglia alle persone sposate di dedicarsi al culto di Dhumavati perché potrebbe suscitare desideri di solitudine e di avversione delle cose del mondo. È appropriata per i rinunciatari.

La Sadhana su Dhumavati è una caratteristica precisa del Tantra, porta al raggiungimento di un punto di vista che esula dalla visione dualistica e ci porta ad uno stato di conoscenza e totale consapevolezza. 

Sally Kempton nel suo libro Shakti propone un approccio molto pratico alle varie forme di divinità femminili.

Parlando di Dhumavati la abbina al Vuoto della meditazione, quella fase che potremmo sperimentare come oscurità interiore, chiamata anche “notte oscura dell’anima”, che è la forma di meditazione più immersiva che precede il Samadhi.

Per noi occidentali e praticanti non asceti, è molto difficile raggiungere questo distacco intenso. Ecco perché Dhumavati dovrebbe esserci cara.

Kempton consiglia di lasciarsi andare alla delusione quando è possibile, per scoprire la profonda saggezza del non attaccamento. “Il suo dono è la forza che ci arriva dal lasciarci svuotare, la profonda libertà e pace che ci arriva quando siamo disposti a rinunciare a qualcosa che volevamo”.

Poniti queste domande: Quale equilibrio interiore sopravvive al livello di collasso dato dal vuoto, dal fallimento, dalla disperazione? Riesci a trovare una routine yogica a questo dissolvimento?

La pace segue la rinuncia 

Bhagavat Gita

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Il mio consiglio, in ogni caso, è di percorrere tutte le dieci Dee della Saggezza nel loro ordine.

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BIBLIOGRAFIA su Dhumavati:

 

 

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